Nel caso in cui la coltura si attui in pieno campo, il conseguimento di buoni risultati produttivi dipende dalla scelta di un buon terreno, ricco di sostanza organica, permeabile e profondo, mentre se si opera in serra è di fondamentale importanza l’impiego di un adatto substrato.
Spesso il floricoltore non conosce le caratteristiche del suolo in cui effettua la coltura e rivolge la sua cura più alla pianta che al terreno in cui essa deve svilupparsi. Prima di intraprendere una qualsiasi coltivazione sarebbe, invece, necessario far eseguire un’analisi fisico-meccanica e chimica su un campione di terreno accuratamente prelevato.
Una delle più importanti proprietà del suolo è la sua reazione o pH, che varia da terreno a terreno, in conseguenza della natura delle rocce madri da cui origina, dei fattori che intervengono nel loro disfacimento, delle specie di fiori precedentemente coltivate e del clima.
Il pH, agisce sullo sviluppo della vegetazione in modo indiretto poiché, influisce sulle proprietà fisiche ( struttura), sulle proprietà chimiche (in un terreno alcalino alcuni oligo-elementi sono spesso non assimilabili dai vegetali), e su alcune proprietà biologiche del terreno quali la nitrificazione e la fissazione dell’azoto atmosferico.
In considerazione del fatto che le piante manifestano esigenze assai diverse nei confronti dei valori del pH, è spesso necessario effettuarne la correzione. Nel caso di terreni a reazione acida, si possono usare ossido di calcio (facilmente disponibile, dotato di forte potere neutralizzante), idrossido di calcio o carbonato di calcio.
Nel caso di terreni a reazione alcalina si ricorre all’impiego di zolfo (tale materiale non è solubile in acqua e per esplicare la sua azione acidificante deve essere trasformato in acido solforico dai microorganismi del terreno, quindi agisce piuttosto lentamente) o di solfato di ferro (particolarmente utile nel caso di colture di azalea, di ortensia di camelia e di gardenia), o di concimi fisiologicamente acidi (cloruro e solfato potassio, solfato ammonico) o di miscele di zolfo, solfato di alluminio e solfato ammonico impiegati in parti uguali alla dose di 50 g/m2 circa in terreni sabbiosi e di 70 diviso 80 g/m2 in quelli argillosi.
In serra, le colture sono realizzate impiegando substrati artificiali (detti anche miscugli), la cui composizione è ancora basata, in gran parte, sull’empirismo. Attualmente la torba sta diventando, in molte località e parecchie colture, la principale componente dei miscugli. L’origine, la natura e lo sviluppo dei depositi di torba dipendono dall’azione concomitante dei fattori climatici, edafici e topografici, per cui con il termine di <<torba>> si indica un vasto numero di materiali differenti, non tutti adatti ad essere impiegati in floricoltura. Com’è noto, esiste torba proveniente dalle torbiere alte, con pH variante da 4,7 a 7, con capacità di assorbimento limitato a 1 diviso 2 volte il suo peso. Tra le tante esistenti, quella di sfagno è considerata la migliore perché è assai resistente alla decomposizione, presenta un’elevata capacità di trattenuta dell’acqua ed ha una notevole uniformità.
Per qualsiasi tipo di torba, quella a particelle grossolane è preferibile a quella avente dimensioni più minute perché la prima si decompone più lentamente e assicura un ambiente più favorevole alle radici. Esistono piante come l’azalea e la gloxinia che possono venire coltivate esclusivamente in torba solo fornendovi le sostanze nutritive necessarie, dato che la torba serve a migliorare le caratteristiche del terreno, ma non apporta, che in minima quantità, sostanze nutritizie (quasi esclusivamente azotro).
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